Carissimi fratelli e sorelle, amici del monastero,
con l’invasione dell’Ucraina all’inizio di questa Quaresima siamo stati come catapultati e immessi direttamente nella Settimana Santa. Quasi accorciando i tempi, sentiamo di aver già vissuto e celebrato, nel mistero Pasquale, il Venerdì Santo – la morte di Dio e dell’uomo – e il Sabato Santo, giorno del grande silenzio.
Le immagini che continuamente hanno abitato le nostre case hanno reso al vivo la Passione di Cristo: mistero di dolore – vissuto nella carne martoriata delle vittime e degli sfollati, dei bambini, delle madri costrette a fuggire da sole – ma anche mistero di iniquità che si sta abbattendo ancora una volta sull’Innocente. “Morte e Vita si sono affrontate in un furioso duello”.
Camminiamo accanto a questi fratelli, facendo nostre le loro lacrime, le loro paure, l’angoscia per la morte o per il domani così incerto. Il dolore, soprattutto quello innocente, continua ad essere scandalo nel nostro cammino di fede: “Dove sei, Signore? Perché nel tempo dell’angoscia ti nascondi?”. Anche noi siamo tentati di unire le nostre voci alle grida della folla: “Se tu sei il Figlio di Dio, salva te stesso e anche noi!”. Un grido che sale dall’abisso della sofferenza e dalla nostra umanità ferita dal peccato, incapace talvolta di scorgere il vero volto di Dio lì dove i nostri occhi non vedono che male e morte.
La contemplazione del Crocifisso piaga l’anima: ci costringe a fissare lo sguardo su un Dio che ha voluto assumere fino in fondo la sofferenza e ci chiama non a dare risposte ma a stare dentro questo mistero di dolore-iniquità che sta sconvolgendo l’umanità intera. Dice Papa Francesco che “se da questa vicenda usciremo come prima, saremo in qualche modo tutti colpevoli”.
Come scorgere le luci dell’alba di Risurrezione in tutta questa violenza, nell’odio, nella follia di un’aggressione che ha invaso un’intera nazione, sottoponendo il popolo ad efferatezze e atti criminali?
Intuiamo che quanto sta accadendo è solo la punta di un iceberg: il mondo sommerso delle tenebre abita il cuore dell’uomo. Il male del mondo è come una piramide rovesciata che, nell’ora dell’agonia del Getsemani, si è poggiata interamente sul cuore di Cristo: solo grazie a questo, noi oggi possiamo non lasciarci sopraffare totalmente dal mistero dell’iniquità.
In questo Sabato Santo della storia attuale, l’atteggiamento più adeguato è un gran silenzio davanti alla sofferenza e alla morte: un silenzio colmo di rispetto ma anche di gratitudine al Signore Gesù che per noi ha sofferto fino alla fine e ai tanti fratelli e sorelle che partecipano in modo cruento alla stessa Passione nel corpo e nell’anima.
Un lungo sabato di silenzio, durante il quale vogliamo sostare come le donne davanti al sepolcro di Gesù, portando aromi e oli profumati: la nostra preghiera, l’amore per Dio e per i fratelli. Ungiamo il suo corpo chiedendo al Padre di mandare lo Spirito come balsamo sulle ferite dell’umanità che soffre e geme. Deponiamo spiritualmente, in quello stesso sepolcro, tutti i corpi dei nostri fratelli morti in guerra che non hanno trovato degna sepoltura, con la certezza che sono stati avvolti, nell’ora della morte, dal tenero abbraccio di Maria, sempre presente ogni volta che sulla terra si compie il Mistero Pasquale.
Come Maria desideriamo tenere accesa la fiaccola della fede: vogliamo essere presenti, vegliare in quest’ora così buia del mondo, per scorgere la presenza viva di Cristo e indicarla a chi ha perso la speranza. Vogliamo semplicemente stare davanti a questo masso che il Signore rotolerà via: vedremo solo le bende e sentiremo la gioia nel cuore perché la tomba è vuota, perché più forte della morte è l’Amore.
Vogliamo essere pronte, come le donne, alle prime luci dell’alba, per gridare a tutti: “Non è qui! È Risorto!”.
Le Sorelle Povere di Iglesias
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