Trascrizione della relazione “Ripensare la nostra presenza sul territorio, criteri e pratiche di conversioni ecclesiali” tenuta da don Mario Aversano mercoledì 20 settembre 2023 al Convegno diocesano “Tenda di speranza”
Oggi, prevedo un ampio impegno lavorativo intorno ai tavoli, continuando il processo di collaborazione. Nel corso di questo esercizio di dialogo fraterno, emergerà che i tavoli costituiranno il fulcro delle discussioni. Successivamente, si passerà all’argomento principale. Il Vescovo ha inoltre introdotto l’argomento, accennando ai germogli e all’acqua zampillante, utilizzando un linguaggio che si rivelerà estremamente utile nel pomeriggio.
Riconsiderando la giornata precedente e cercando di tracciare un parallelo tra ieri e oggi, si nota una tensione palpabile che tutti avvertiamo. Si spera che tale tensione sia generativa, derivante dal senso di appartenenza che la casa rappresenta, incarnando al meglio la nostra storia e la nostra identità. È fondamentale guardare avanti e prepararsi, in modo che l’annuncio del Vangelo possa trovare in noi una gioiosa preparazione, seppur imperfetti, per affrontare il dialogo con l’attualità.
Riprendo l’espressione inerente alla responsabilità e corresponsabilità. Siamo chiamati a sposare la realtà così com’è, con la consapevolezza di dover considerare nuovi modi di vivere la nostra fede, pur rimanendo fedeli alla sua essenza. Tuttavia, si avverte una tensione tra queste appartenenze, quando si tenta di modificare aspetti consolidati della nostra vita e della nostra storia di fede, e la consapevolezza che un approccio missionario deve necessariamente tener conto della necessità di adattarsi ai contesti culturali, mantenendo l’autenticità del Vangelo.
Il senso e il criterio a cui mi riferivo ieri è stato analogo a quando ho menzionato il cancello di fronte al quale mi sono fermato in auto mentre mi avvicinavo a quello dei miei nonni. Ho contemplato questa soglia tra gratitudine e tristezza, rappresentante un passaggio significativo. Immagino che l’ingresso in paradiso potrebbe essere simboleggiato da quel cancello. La Scrittura fa spesso riferimento a esperienze della vita quotidiana, tramite le quali possiamo comprendere e riflettere.
Il volto di Dio e la sua relazione con noi possono essere evocati in un contesto che trasmette l’autenticità e la profondità dell’amore. Si tratta di un paesaggio non delle colline della Giudea, ma delle colline della Trexenta. Dietro a quel cancello, c’è il ricordo di mia nonna, un simbolo di attesa e accoglienza.
Quando si partiva per la Sardegna, in un’epoca pre-digitale, si annunciava la partenza via telefono fisso e si intraprendeva il viaggio, spesso attraverso il traghetto da Genova a Porto Torres. Il mare poteva essere calmo o agitato, e lungo il percorso, come nelle Bocche di Bonifacio, potevano verificarsi imprevisti. Arrivare nel paese comportava 200 km di strada. Era un giorno atteso, qualsiasi ora, fosse mattino, pomeriggio o notte. Quando la macchina svolta verso il cancello, mia nonna era lì, pronta ad abbracciare e piangere, non per la partenza, ma per l’arrivo. I bambini iniziavano a piangere insieme a lei, seguiti da mamma e papà.
In qualsiasi momento del giorno o della notte in cui arrivavamo, c’era sempre un tavolo imbandito. Un pollo era stato preparato con cura per noi, segno tangibile dell’attesa e dell’amore. Questo, in quel contesto, era il nostro benvenuto. Non era il paradiso, ma era il senso di essere attesi, desiderati, e amati. È la comprensione più profonda della vita: sapere di essere nel cuore di qualcuno, oltre le retoriche che talvolta ci circondano.
Parlando delle relazioni intime, come quella di una lunga convivenza matrimoniale, l’autore Nicola Reali sottolinea che non si vive una sovrabbondanza attraverso i legami affettivi. Si dona e si riceve, ma c’è sempre un senso di mancanza, come sperimentava mia nonna quando ci vedevamo. La mancanza è parte di questa esperienza umana, ma è proprio quella mancanza che fa comprendere il valore di ciò che ci spinge avanti nella vita.
C’è un Dio che ci desidera, che ci cerca, il cui cuore è segnato da questa stessa mancanza. La comunità cristiana dovrebbe essere un riflesso di questa accoglienza e intimità, capace di colmare la mancanza negli altri. La Chiesa, in questa prospettiva, continua a camminare non per numeri o masse, ma per offrire un’esperienza di vita familiare, in cui tutti riconosciamo l’appartenenza a una famiglia divina, dove ci riconosciamo come figli amati.
Nel contesto del presente e del futuro della Chiesa, si riflette sull’importanza di preservare le radici e la fonte della sua identità. Si fa riferimento a una citazione di De Luca in un romanzo: il futuro del fiume risiede nella sua sorgente, sottolineando che se la sorgente si estingue, anche il fiume non avrà futuro. In un analogo tentativo, attraverso questi incontri, si cerca di ritornare alle radici, all’acqua sorgiva, per dare un avvenire a questa storia.
Si auspica di vivere un momento di tribolazione e, allo stesso tempo, di essere raggiunti dalla creatività dello spirito. Si accoglie il movimento e la trasformazione, come la tenda che si muove e si adatta, così come Gesù che mise la sua tenda in mezzo a noi.
Si riflette sul concetto di casa, evidenziando che l’esperienza autentica di casa, con i suoi elementi genuini, deve essere mantenuta nel suo significato profondo. Tuttavia, si accetta che le forme storiche conosciute non siano le uniche attraverso le quali la Chiesa può essere casa di Dio in mezzo agli uomini. Si comprende che bisogna accettare il movimento e la trasformazione per adattarsi ai tempi attuali.
Successivamente, si parla della proposta del vescovo Don Roberto Recoaro, che suggerisce di concentrarsi sulla presenza della Chiesa sul territorio. Si evidenzia la diminuzione dei sacerdoti e la ridotta presenza di cristiani all’interno delle comunità, il che implica che non si viva più in una società cristiana come un tempo.
Si esamina il ruolo delle parrocchie e delle strutture ecclesiali che continuano a operare come se la società fosse ancora interamente cristiana, nonostante i cambiamenti nel contesto sociale. Si mette in evidenza come la diminuzione di vocazioni e la ridotta partecipazione alle forme di servizio all’interno delle comunità abbiano portato a una sensazione di frustrazione e stanchezza tra i credenti.
Si afferma che la comunità cristiana non può permettersi di essere sterile e insoddisfatta, e che la presenza della Chiesa deve adattarsi al contesto attuale per evitare di perdere la gioia di essere credenti.
La discussione si sofferma sulla necessità di riconsiderare il modo in cui la Chiesa si colloca nel mondo moderno, adattandosi e cercando nuove modalità per mantenersi autentica, vivace e radicata nelle sue origini, pur consentendo la trasformazione per essere una vera casa di Dio per tutti gli uomini e le donne.
Nel proseguire il discorso, si riflette sulla necessità di affrontare le sfide attuali in un modo che non sovrasti le risorse disponibili. Si mette in luce come i giovani e gli adulti di oggi debbano essere attratti dal modo di vivere e dalla bellezza del Vangelo. Tuttavia, il peso di strutture obsolete e il modo tradizionale di funzionamento delle comunità possono rendere la Chiesa poco attraente.
Per affrontare questo problema, si considera la possibilità di ridurre ciò che non funziona ed eseguire una “spending review”, cioè tagliare ciò che è inefficace. Si riconosce che l’ingegneria pastorale deve essere intrapresa con umiltà e consapevolezza. È necessario rimettere in discussione la struttura attuale per poter essere ciò che la Chiesa è chiamata a essere: una comunità che testimonia la bellezza del Vangelo.
Inoltre, si sottolinea che prima di compiere qualsiasi azione di ingegneria pastorale, è essenziale investire in formazione permanente. Anche i presbiteri e i diaconi devono essere in uno stato costante di apprendimento e nutrimento spirituale. Si fa notare che spesso non si sa nemmeno chi siamo e che la formazione è essenziale per comprendere appieno la propria identità e missione.
Il discorso affronta la questione della formazione e della connessione tra i diversi attori ecclesiali, inclusi i laici. Si suggerisce di creare situazioni in cui si possano condividere esperienze di formazione spirituale come discepoli e di lavorare insieme a un ripensamento pastorale, evitando compartimentazioni che potrebbero portare a visioni contrapposte.
Si sottolinea l’importanza delle relazioni umane, dell’empatia e della solidarietà tra i membri della comunità. La comunione è cruciale, specialmente nei momenti di crisi. Si fa riferimento all’importanza della comunicazione, dell’ascolto reciproco e dell’evitare processi di colpevolizzazione.
Il discorso si conclude con una riflessione sulla complessità della diocesi in questione, con una popolazione variegata e comunità che variano notevolmente tra loro in termini di dimensione e dinamica. La diversità delle sfide che la Chiesa deve affrontare in questa diocesi mette in evidenza la necessità di un approccio flessibile, creativo e condiviso per affrontare le sfide attuali.
Nel proseguire il discorso, si mette in evidenza la necessità di un approccio empirico al ripensamento della Chiesa, riconoscendo la diversità dei contesti e delle dinamiche sociali in cui le persone vivono la loro fede. Si sottolinea la necessità di andare oltre le ricette pastorali tradizionali e di evitare la fantasia pastorale che non tiene conto della realtà.
Il vescovo Roberto propone di concentrarsi su ciò che funziona, suggerendo di individuare e coltivare i “germogli” di vita cristiana che hanno creato gioia e incanto nelle comunità. Questi germogli possono essere esperienze di fraternità, linguaggi e situazioni che hanno permesso alle persone di sentirsi a casa e gioire nel cammino di fede. L’importanza di riconoscere e coltivare questi germogli è sottolineata come un passo verso un ripensamento pastorale più fruttuoso.
Infine, viene condivisa un’esperienza personale riguardante la celebrazione dei battesimi, evidenziando come la pandemia abbia portato a un cambiamento positivo nell’approccio alle celebrazioni battesimali. Riducendo il numero di battesimi celebrati contemporaneamente, si è riusciti a creare un’atmosfera più intima e significativa, favorendo una connessione più profonda con le famiglie coinvolte. Questo esempio illustra come l’ascolto delle esigenze delle persone e la flessibilità nell’approccio pastorale possano portare a esperienze più autentiche e significative nella vita della Chiesa.
Innanzitutto, c’è un forte invito a identificare le esperienze autentiche e vitali legate alla fede. Si sottolinea l’importanza di riconoscere quei piccoli “germogli” spirituali presenti nelle comunità, senza focalizzarsi esclusivamente sui grandi numeri o sugli obiettivi evidenti. Si tratta di quegli elementi che possono portare gioia e significato autentico all’interno delle comunità di fede.
Un altro aspetto importante riguarda la proposta di rivisitare le pratiche liturgiche, in particolare quelle legate all’Eucaristia. Si suggerisce di rendere le celebrazioni più coinvolgenti, belle e accessibili, per permettere un’esperienza più significativa ai fedeli. In questo contesto, si incoraggia l’esplorazione di nuove forme di partecipazione e condivisione durante i riti religiosi.
Inoltre, si promuove un nuovo approccio alla gestione del dolore e del lutto. Si invita a coinvolgere attivamente le persone, offrendo maggior vicinanza e condivisione in momenti di difficoltà, affrontando la pastorale del lutto in maniera più umana e empatica.
Infine, si pone un’enfasi sulla formazione continua e sulla corresponsabilità. Si evidenzia l’importanza di un costante processo formativo per il clero e i laici, incoraggiando entrambi a impegnarsi attivamente nella costruzione di comunità solide e inclusive. Si promuove un senso di corresponsabilità che coinvolga tutti nella vita e nelle dinamiche delle comunità religiose.
In definitiva, l’obiettivo è quello di adottare un approccio pastorale che si adatti alle specificità locali, valorizzando gli aspetti autentici della vita spirituale e comunitaria e adottando un approccio in continua evoluzione per rispondere alle esigenze delle comunità.
Trascrizione a cura di Aurora Fonnesu